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La fine di un amore porta sempre con sè sentimenti di tristezza, rancore, disperazione, chi più, chi meno ma è un periodo delicato.

Si cerca lo svago ma il pensiero va sempre lì, ci si butta in mezzo agli amici ma poi con fastidio si cerca la solitudine.

E’ il nostro cuore che richiede la nostra massima attenzione.

Elaborare e comprendere cosa è successo ci aiuta ad affrontare una nuova storia con più consapevolezza oppure può spingerci a commettere errori e leggerezze.

Quando possiamo considerarci pronti ad affrontare un nuovo amore?

Come riconoscere se siamo realmente interessati all’altro oppure è solo paura della solitudine ?

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Il consiglio più valido è quello di imparare a stare da soli così da avvicinarsi all’altro non per un bisogno ed una dipendenza ma perché

stiamo bene da soli ma con lei di più,

siamo quindi realmente convinti che possa offrirci qualcosa che ci farebbe star bene, quel “quid” che rende quella persona speciale proprio perché è lei….

Vi offro allora qualche spunto di riflessione, per affrontare una nuovo amore con serenità e per fare in modo che le probabilità che funzioni siano più alte.

 

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Il diventare genitori è un passo importante, una trasformazione che avviene nella coppia ancor prima della nascita del bambino: i due partner, insieme e consapevolmente, decidono di voler prendersi cura di una nuova vita e di assumersi il ruolo di figure significative e di riferimento per un minore che dipenderà in tutto da loro.

Si tratta perciò di un significativo stravolgimento della struttura e delle dinamiche relazionali frutto di un lungo processo di riassestamento, in cui verrà alterato inevitabilmente l’equilibrio raggiunto nella diade di coppia.

In questo momento di elaborazione sarà necessario:

– re-distribuire le energie;

– rivisitare ruoli, mansioni e priorità;

– interrogarsi sulle relazioni affettive interpersonali e familiari;

– riorganizzare gli spazi in casa che, come si suole dire, dovranno essere “a prova di bambino”;

– definire uno stile genitoriale condiviso che fornirà, a livello educativo, importanti indicazioni per una crescita equilibrata e sana del nascituro.

 

Essere genitori significa rivestire quindi un ruolo nuovo ma senza manuali d’istruzioni!

Con un po’ di impegno ed attenzione però è possibile allenarsi sul miglior modo di affrontare questa grande novità.

 

Come prepararsi a diventare genitori ?

È fondamentale che la nascita del bambino sia preceduta da una riflessione strettamente legata al passaggio da coppia a famiglia: non si parlerà più soltanto del ruolo di partner ma anche di madre, padre e figlio. Si allargano i confini del “Noi” come coppia e si include un terzo elemento.

Ecco allora alcuni spunti di riflessione.

 

  1. DOMANDARSI PERCHE’ SI VUOLE AVERE UN FIGLIO

Spesso si è spinti alla decisione di divenire genitori per motivazioni sbagliate come ad esempio: colmare un vuoto affettivo, rafforzare un rapporto in crisi, proiettare sul nascituro propri desideri e bisogni infantili mai appagati, non sentirsi diversi dagli amici già con figli…

Queste motivazioni potrebbero poi creare problematiche che si ripercuotono sullo sviluppo psicologico del bambino. E’ quindi necessario analizzare in profondità i motivi alla base della scelta di procreare e riflettere sui propri bisogni ed esigenze, elaborarli e trasformarli in un progetto di coppia sano e maturo.

 

  1. ANALIZZARE LA STABILITA’ DI COPPIA

La relazione di coppia determina la riuscita o il fallimento del riassestamento successivo all’arrivo del bebè: un buon rapporto di coppia permetterà di assicurare al minore un clima positivo, valido e sereno oltre che un modello ottimale di coppia.

Una stabilità pre-esistente tenderà quindi poi a mantenersi e rinforzarsi, al contrario una relazione debole e superficiale diventerà instabile e disorganizzata, animata da litigi, discussioni e altre difficoltà che produrranno un ambiente poco sano oltre a divenire l’anticamera di una separazione che priverà un figlio della presenza stabile di un genitore.

 

  1. DEFINIRE I RUOLI DI ENTRAMBI

In tutte le squadre che si rispettino, per individuare un obiettivo e raggiungerlo, è necessario definire ruoli e competenze: è così per un team velico che partecipa ad una regata, per il pilota ed il co-pilota di una vettura rally, per un team di medici durante un’operazione chirurgica… ed è così anche per una coppia che sceglie la bellissima avventura di diventare genitori.

Condividere il proprio concetto di genitorialità, regole, educazione, divieti e permessi, premi e punizioni permette di discuterne, di allinearsi su uno stile comune, di elaborare compromessi o di smussare le rigidità più evidenti.

Questo si potrebbe definire un buon manuale di istruzioni su misura, un’indicazione di massima da seguire che aiuterà entrambi i genitori ad arrivare preparati e in sintonia al momento di mettere in pratica i buoni propositi.

 

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Cos’è il “parenting” ?

Ahimè si può esser coppia a tempo determinato… ma si è genitori per sempre!

Parliamo quindi di una notevole responsabilità che è stata a lungo analizzata e approfondita dalla comunità psicologica ed i cui frutti sono visibili nel concetto di “parenting”: il processo psichico che trasforma due genitori biologici in genitori psicologici. Lo spazio mentale all’interno del quale c’è l’idea di un figlio e l’immagine di sè come madre e padre, uno spazio esclusivo che ha come fondamenta anche l’immagine dei propri genitori in quanto tali, del rapporto con loro e di sè in quanto figli.

La genitorialità non è quindi legata solo alla procreazione in senso lato o alle pratiche educative più comuni ma ad un complesso processo di riorganizzazione del sè più profondo e della coppia che inevitabilmente modifica il mondo personale e sentimentale.

Sono abilità che si apprendono col tempo e che si basano su innumerevoli cognizioni riguardo ai concetti di sviluppo ed educazione che è bene rendere consapevoli attraverso la comunicazione col partner.

Secondo Maccoby e Martin (1983), tale processo deve essere condotto tenendo presenti tre aspetti fondamentali:

  • La cura: il saper rispondere in maniera supportiva alle richieste del bambino;
  • La disciplina: il definire una serie di regole e limiti e responsabilizzare il bambino nell’osservazione di queste;
  • Il rispetto: la capacità di fornire al bambino la libertà di pensiero e di espressione.

 

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L’analisi della concezione e dell’utilizzo di questi tre aspetti permette di individuare le 4 tipologie genitoriali:

  • Positivo (cura, disciplina e rispetto dei figli sono le caratteristiche di questo stile)
  • Permissivo (cura e rispetto dei figli ma assenza di disciplina)
  • Dominante (disciplina ma assenza di cura e rispetto dei figli)
  • Distaccato (assenza di cura, disciplina e rispetto)

 

Lo stile che ogni genitore dovrebbe adottare per una crescita sana ed equilibrata del proprio bambino e per contribuire in modo vantaggioso all’armonia familiare è lo stile Positivo: i partner forniscono al bambino cure e accudimento necessari al suo sviluppo ma, allo stesso tempo, lo educano attraverso l’imposizione di regole e limiti e gli concedono la giusta autonomia per esplorare l’ambiente, esplorarsi e creare la sua identità.

E considerato che la “famiglia del Mulino Bianco” non esiste, è bene anche sottolineare che la sicurezza emotiva e la stabilità nei rapporti con i genitori costituiranno per lui degli ottimi strumenti anche in caso di conflitto coniugale: la risposta dei più piccoli si basa infatti sulla qualità delle relazioni con gli adulti significativi.

Secondo le ricerche di Davies e Co. (2003) un bambino maggiormente insicuro della relazione con i suoi genitori percepirà il conflitto come più “pericoloso” e “spaventoso” rispetto ad un bambino che invece è sicuro e fiducioso della loro disponibilità e che quindi saprà meglio fronteggiare discussioni e litigi.

Vale quindi la pena impegnarsi come genitori considerato l’influenza che si avrà sui figli, non siete d’accordo ?

 

Ho scritto questo articolo in collaborazione con la Dott.ssa Flaminia Pagnotta

 

 

Per approfondire

Davies P.T. et Al., “Child emotional security and interparental conflict”, Blackwell Pub, 2003.

MacCoby E., Martin J., The role of psychological research in the formation of policies affecting children in “Annual Progress in Child Psychiatry & Child Development”, 457-465, 1983.

La relazione che intercorre in una coppia implica rapporti in cui è fondamentale la confidenza, l’intimità emotiva ed il coinvolgimento.

Ogni comportamento che sia un’azione, una parola o il silenzio comunica un messaggio sia consciamente che inconsciamente, sia a livello verbale che non verbale, perché come diceva Watzlawickè impossibile non comunicare”.

slideshare.net

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Questo messaggio suscita nell’altro una reazione, per cui è necessario concepire la comunicazione come un processo circolare che parte da un soggetto, arriva al ricevente e torna poi al soggetto di partenza con un messaggio di ritorno, comunemente chiamato feedback.

Non si comunica solo a parole ma attraverso il linguaggio non verbale e paraverbale.

Albert Mehrabian, psicologo statunitense, condusse delle ricerche sull’importanza e la responsabilità che diversi aspetti della comunicazione hanno nel far recepire un determinato messaggio e constatò che la comunicazione non verbale ha un’influenza del 55%, la comunicazione paraverbale (tono, volume, ritmo della voce, ecc.) ha un’influenza del 38% ed infine la comunicazione verbale solo del 7%.

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Più nello specifico, la comunicazione verbale è tutta la parte linguistica esplicitata dalle parole che ci si scambia in un dialogo con una o più persone.

La comunicazione non verbale è quella parte invece che comprende tutti gli elementi legati al linguaggio del corpo: l’espressione del viso, i gesti, la postura, la vicinanza o la lontananza corporea, il comportamento nello spazio….

Il paraverbale si riferisce non al “cosa” si dice ma al come si dice e quindi considera il tono, il volume, il timbro, il ritmo della voce.

Nella comunicazione con l’altro, è necessario quindi esser coscienti di tutte le informazioni che si inviano, soprattutto se intercorrono anche rapporti intimi come quelli di coppia.

In amore, infatti, saper comunicare assume una valenza cruciale per un rapporto duraturo, sincero, solido e soprattutto “di incontro” con l’altro.

Qual è il segreto per comunicare in modo corretto con il proprio partner ?

Gli scambi comunicativi tra due partner, col tempo, tendono a ridursi ed a stabilizzarsi su copioni spesso fallimentari: il ripetersi di dialoghi disfunzionali può portare a svalutazione, colpevolizzazione e disorientamento: terreno fertile per una crisi o addirittura una rottura.

In una relazione c’è spesso un “one-up” ovvero chi ha una posizione di dominanza ed un “one-down” cioè chi ha una posizione inferiore, di sottomissione.

I protagonisti di uno scambio comunicativo possono essere legati da relazioni diverse:

  • una relazione simmetrica quando i due soggetti si comportano allo stesso modo e la vincita di uno equivale alla vincita dell’altro;
  • una relazione complementare quando alla vincita di uno corrisponderà la perdita dell’altro.

L’obiettivo per una comunicazione efficace è che si istauri una relazione simmetrica. E come riuscirci ?

Le 4 regole d’oro

Per prima cosa è necessario creare un dialogo di successo, facendo in modo che non manchino mai questi 4 presupposti:

1. domandare piuttosto che affermare: l’affermazione chiude la possibilità all’altro di aggiungere elementi, con una domanda invece si concede un’alternativa di risposta ed è più facile quindi giungere ad un accordo condiviso;

AFFERMARE: “Con il tuo atteggiamento volevi flirtare con quell’uomo”

DOMANDARE: “Perché ti sei comportata così davanti a quell’uomo?”

2. verificare piuttosto che sentenziare: verificare che l’informazione ricevuta sia stata compresa nel modo corretto implica il parafrasare la frase per chiederne conferma, in questo modo non si sentenzia rigidamente un significato ma si accetta un ragionevole dubbio;

SENTENZIARE “con questo tono vuoi proprio farmi arrabbiare!”

VERIFICARE “usi questo tono per scatenare in me una determinata reazione? quale?”

3) evocare piuttosto che spiegare: l’evocare implica la capacità di prendere in considerazione sentimenti ed emozioni dell’altro come il più efficace strumento persuasivo: l’emozione precede la cognizione. Come afferma San Tommaso d’Aquino: “Non c’è cosa nell’intelletto che prima non passi per i sensi”;

SPIEGARE: “è sbagliato coinvolgere tua madre nella scelta delle vacanze dei nipoti”

EVOCARE: “l’ultima volta sei rimasto molto deluso ed amareggiato quando tua madre ha criticato la scelta di mandare i bambini in Inghilterra”

4) agire piuttosto che pensare: cioè attivare un cambiamento reale anziché limitarsi solo all’idealizzazione di un pensiero.

PENSARE: “Avremmo bisogno di un weekend tutto per noi”

AGIRE: “Ho prenotato un weekend solo per noi” Quali sono invece gli elementi che rovinano la comunicazione ?

Spesso, in una discussione, si è responsabili di alcuni meccanismi disfunzionali senza neanche accorgersene: il modo in cui si reagisce ad un affronto o la scelta delle frasi da usare con il proprio partner sono frutto di una storia fatta di conferme, di abitudini, di pregiudizi, di ferite mai rimarginate…

Questo bagaglio contraddistingue il nostro modo di porci e spesso alimenta i litigi come benzina sul fuoco.

d.repubblica.it

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E’ necessario inoltre, con lucidità e razionalità, analizzare se nei nostri scambi comunicativi sono presenti i seguenti elementi e correggerli.

  • puntualizzare: è l’atteggiamento di chi detta legge, di chi impone regole, condizioni o situazioni particolari all’interno della coppia, tipico di chi assume il ruolo di “maestro” al cospetto di un “allievo” da formare. Un modo di fare che spinge l’altro ad assumere la difensiva e quindi a ribellarsi o a infrangere regole non condivise;
  • recriminare: accusare l’altro puntualizzando colpe, ricordando errori passati, sottolineando difetti crea un ambiente impregnato di giudizio e condanna e spinge il partner, che si sente accusato, a difendersi e ribellarsi;
  • rinfacciare: questo è l’atteggiamento da vittima di chi si pone sempre come offeso, maltrattato e inferiore verso invece un partner che è indicato come l’unico colpevole di tutto. E’ chiaro che poi ci si indispone e si tende a peggiorare la situazione;
  • predicare: e qui siamo al cospetto di sermoni pesantissimi… cioè un partner che critica e giudica per insegnare cosa è più giusto e moralmente accettabile. Le frasi più comuni sono “te l’avevo detto!”, “lo faccio solo per te”, oppure “lascia… ci penso io”, tutte prediche non richieste che spingono solo a reagire con atteggiamenti esattamente contrari;
  • biasimare: disapprovare, criticare o rimproverare l’atteggiamento dell’altro richiedendo comportamenti diversi e comunque migliori. A lungo andare questo è come la goccia cinese e lentamente logora la stima, il rispetto e la benevolenza dell’altro.

Concludendo, due sono le condizioni necessarie affinché queste tecniche di dialogo portino al successo: l’empatia ossia la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui mettendosi nei suoi panni e l’accettazione incondizionata dell’altro quindi dar per scontato il rispetto reciproco.

Sebbene spesso non sia semplice in coppia, proprio per i sentimenti e le emozioni che legano entrambi, è importante che l’impegno per comunicare nel modo più corretto sia da entrambe le parti: è responsabilità condivisa il mettere in atto atteggiamenti (verbali e non) costruttivi, equilibrati, onesti, cooperativi, precisi e utili.

Il segreto è abbandonare i preconcetti e avvicinarsi all’altro tanto da divenire un’unica cosa: il dialogo passa quindi dall’ “IO” e dal “TU” al “NOI”.

Se avete dubbi, domande o volete migliorare la comunicazione con il vostro partner, non esitate a contattarmi per fissare un appuntamento.

PER APPROFONDIRE

Nardone G. (2008), “Correggimi se sbaglio”, Ponte alle Grazie

Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson D.D. (1967), “Pragmatica della comunicazione umana”, Astrolabio

Mehrabian A. (1981), “Silent Messages: Implicit Communication of Emotions and Attitudes”, Wadsworth Pub Co

Un ringraziamento speciale alla Dr. Flaminia Pagnotta per la collaborazione nella stesura

Che cos’è la fiaba?

La fiaba è un racconto apparentemente banale e fantastico ma che al suo interno racchiude situazioni reali e messaggi molto profondi.

Questo è infatti il suo scopo: spiegare ai più piccoli cose che riguardano il mondo dei grandi in un modo a loro comprensibile e, allo stesso tempo, affascinante.

I bambini ascoltano la fiaba e la fanno loro, immedesimandosi nei personaggi e nelle situazioni, sia belle che brutte, e così imparano, crescono e formano una morale più interna.

Il potere delle favole è infatti quello di penetrare, inconsapevolmente, nel loro profondo, recapitando i messaggi che si nascondono dietro la metafora.

Proprio per questo possono rivelarsi molto utili per aiutare i bambini a superare ed affrontare situazioni difficili e traumi.

Volete saperne di più? Allora cliccate qui !

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L’Amore… l’Amore è il sentimento che muove la vita.

L’Amore è il primo sentimento di cui facciamo esperienza ed è quello più potente, che ci accompagnerà per sempre.

L’Amore è Vita ed è per questo che è stato argomento d’ispirazione per artisti di ogni genere… perché è un sentimento di tale potenza e intensità che una volta provato ci lascia il segno per sempre.

Ci cambia, ci rende folli, pazzi, esuberanti, a volte anche incoscienti e la cosa strabiliante è che sono caratteristiche che accomunano tutti gli esseri umani di questo mondo.

La potenza dell’amore prima o poi travolge tutti e ci fa sentire tutti così sorprendentemente felici di vivere.

Tutto ciò è accentuato nella fase iniziale dell’innamoramento ma in quelle successive ?

Far andare le cose bene in coppia non è semplice: ci vuole impegno, pazienza, trovare punti d’incontro senza voler prevalere sull’altro ma anzi accettando anche delle sconfitte.

Questo articolo spiega qual è il segreto per vivere felici in coppia il più a lungo possibile !

Il pensiero magico è un “gioco mentale” diffuso non soltanto nei bambini ma anche negli adulti.

Si basa sulla convinzione di poter modellare la realtà.

E’ un’operazione, a volte automatica dopo anni ed anni di “esercizio”, che non implica una correlazione tra le cause, anzi la esclude a priori.

Parliamo di tutto ciò che si fa attribuendo significati speciali agli oggetti, attribuendo loro un’anima, oppure ai riti come fossero il segreto per esaudire i nostri desideri.

Il pensiero magico è tutto ciò che l’uomo mette in atto per convincersi di poter condizionare, o addirittura comandare, il corso degli eventi. In questo modo si ha l’illusione del controllo su situazioni che, altrimenti, potrebbero spaventare o sembrare inesorabili.

Di cosa parliamo ?

Quando lo mettiamo in atto nella vita di tutti i giorni?

Quando il pensiero magico diventa patologico?

Scopriamolo insieme leggendo questo articolo !

L’idea della morte fa paura e la gestione di un lutto è un argomento difficile da affrontare per gli adulti e lo è ancor di più per gli adulti che devono parlarne con i bambini.

La tendenza che ho notato più spesso è quella di preferire la non-spiegazione, il silenzio, l’evitare di parlarne: un po’ per vergogna e imbarazzo, un po’ perché si sottovaluta il coinvolgimento emotivo dei bambini nel momento in cui viene a mancare una persona a loro cara.

Ma non si può scappare: i bambini hanno emozioni e sentimenti come gli adulti ma per loro è più difficile perché non sanno come gestirli e soprattutto non hanno l’esperienza né le informazioni necessarie per affrontarli nel modo più corretto.

Un bambino che si troverà senza la guida di un adulto, è un bambino che troverà da solo le risposte alle sue mille domande… e potranno essere risposte sbagliate e pericolose.

Se ieri la nonna era con me e oggi non c’è più… è perchè sono un bambino cattivo e quindi mi punisce“: questo è quello che può pensare vostro figlio e soprattutto può crederci veramente !

Le conseguenze di questa convinzione irrazionale un domani possono incidere sul suo essere adulto.

 

Allora prendete il coraggio a quattro mani e trovate le parole giuste!

Non servono discorsi troppo complicati, a volte basta anche una favola!

Leggi questo mio articolo e impara a inventare quella più giusta per il tuo bimbo.

La separazione della coppia è un lutto, ancora in troppi non fanno questa associazione e quindi ancora in troppi non dedicano particolare attenzione a controllare in modo maturo gli effetti che tale situazione provoca a livello di cuore e mente.

E le conseguenze si notano sempre nei figli che purtroppo si rendono perfettamente conto di quel che succede perché rubano frasi qua e là, perché in casa manca uno dei due genitori, perché percepiscono l’umore degli adulti e vivono immersi in un clima familiare che trasuda sofferenza…

L’odio ed il rancore portano a vendicarsi, e questo capita almeno una volta nella vita a tutti, ma scegliere i figli proprio perché l’arma di ricatto più potente e più efficace per provocare del male all’altro è una leggerezza ed un atto di egoismo per nulla coerente con il ruolo di responsabilità che ci si è assunti nel momento in cui deliberatamente si è messo al mondo un figlio.

Si può anche incassare una vittoria… ma i danni ai figli sono inestimabili sia a breve che a lungo termine.

Ne vale la pena!?

Il distacco dal partner non giustifica quindi il coinvolgimento di minori che non possono capire le reali ragioni alla base della rottura e che non sono in grado di farvi fronte, come gli adulti, andando incontro a danni peggiori proprio per la vulnerabilità e la fragilità psicologica che li caratterizza.

Il mio ruolo in questa situazione può essere determinante per attenuarne i risvolti negativi e per favorire in tutti i soggetti coinvolti l’esclusivo perseguimento dell’interesse del minore:

1) sia accompagnando la coppia, i figli e l’intero sistema familiare in un percorso terapeutico che li aiuti ad affrontare in modo corretto e rispettoso questo difficile momento;

2) sia svolgendo la funzione di consulente di parte in tribunale;

3) sia come mediatore nel caso in cui sia attuabile una procedura consensuale.

 

Dr. Cristina Colantuono