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La sessualità in coppia ha molte sfaccettature: c’è chi la vive in modo tradizionale scegliendo attività sessuali normalmente condivise dalla maggioranza; chi preferisce una modalità più trasgressiva e disinibita fatta di sesso estremo e pratiche anche più lascive; chi invece decide di non consumare rapporti sessuali, basando la relazione sull’esclusivo aspetto sentimentale.

Scopriamo insieme quest’ultima categoria di “amore”…

 

L’asessuale: il vegetariano dell’amore

Essere asessuale significa non provare il minimo stimolo, esigenza, desiderio di avere rapporti sessuali con il partner.

Non è questione di scelta o di volontà; è semplicemente lo stato d’animo di una persona che non prova interesse sessuale, in assenza di problematiche o disfunzioni sessuali e non si tratta neanche di una fase transitoria, è una condizione stabile e cosciente.

Stiamo parlando di individui che si eccitano e provano piacere come chiunque altro, quindi le fasi dell’eccitamento, del plateau e dell’orgasmo sono fisiologicamente intatte, in loro è assente invece l’interesse per l’atto sessuale. Solitamente quindi gli asessuali non fanno l’amore ma possono sentire il bisogno di masturbarsi per necessità fisiologica.

Secondo gli studi svolti sull’argomento, gli asessuali rappresentano circa il 3% della popolazione mondiale e vengono definiti “vegetariani dell’amore” proprio per distinguerli dai “poliamorosi” cioè coloro che intraprendono più relazioni contemporanee con partner differenti.

 

Le sfumature dell’asessualità

La totale assenza di attrazione sessuale etero ed omosessuale non significa che fisiologicamente non ci sia un bisogno ed anzi lascia spazio ad altre forme di effusioni e preliminari volti a dar vita ad un nuovo concetto di erotismo. Parliamo quindi di una vita che non è priva totalmente di questo aspetto essenziale.

E allora come funziona una relazione asessuale?

Un uomo o una donna asessuali spesso vanno alla ricerca di altri partner asessuali e ci si ritrova quindi con lo stesso punto di vista, gli stessi bisogni e desideri.

Se invece è solo uno il partner con questa specifica esigenza, la scelta di coppia si può basare sul compromesso: si fa l’amore solo in date stabilite o si aprono le porte ad altri partner.

Esistono diverse categorie di individui che vivono l’amore in maniera differente:

  • Asessuale aromantico: Non cerca una storia d’amore ma predilige un rapporto d’amicizia;

  • Asessuale romantico: È l’esatto opposto dell’aromantico cioè cerca relazioni amorose ma senza sesso;

  • Asessuale biromantico: Asessuale bisessuale che ha bisogno di qualsiasi relazione affettiva per poter provare piacere;

  • Asessuale demisessuale: Colui che riesce ad instaurare rapporti solo con persone conosciute in precedenza;

  • Asessuale grigio: Viene collocato in una dimensione “grigia” della sessualità poiché non prova piacere di alcun tipo.

 

lameziaterme.it

Come capisco se sono asessuale?

Il primo errore da non commettere è scambiare l’asessualità per vita sessuale inattiva o mancanza di desiderio, eccitazione o orgasmo.

Tante difficoltà sessuali possono manifestarsi come possibili caratteristiche di asessualità ma celano condizioni psicologiche che in realtà ne sono l’unica causa nascosta per vergogna, paura, difese inconsce.

È più semplice rinunciare al sesso piuttosto che comprendere perché si ha dolore durante la penetrazione, perché non si raggiunge un’erezione soddisfacente o l’orgasmo.

Ci sono quindi dei fattori specifici che possono far ipotizzare in modo fondato che si è asessuali:

  • se vive una mancanza di interesse non dettata da fattori esterni;

  • se si reputa il sesso non di fondamentale importanza in una relazione;

  • se si ricerca un legame affettivo che vada oltre la sfera sessuale.

È poi necessario tenere a mente che non è possibile cercare cause e sintomi della propensione all’asessualità. Non è una malattia!

 

Una vita senza sesso!?

In ogni relazione che si rispetti, la base di tutto è il dialogo: importante e fondamentale è capire i bisogni altrui al fine di evitare situazioni spiacevoli.

Tutto questo potrebbe far concludere che gli asessuali vivano la loro condizione in maniera serena, senza manifestare disagi.

Purtroppo non è così.

Le persone asessuali risentono di una forte pressione sociale per il fatto di essere considerate “diverse” e di un obbligo quasi morale ed esistenziale di essere come gli altri ed omologarsi alla società.

Fortunatamente molte associazioni sono nate per supportare questo nuovo orientamento con lo scopo di trasmettere un’idea di sessualità volta a riscoprire le emozioni ed i sentimenti propri ed altrui.

bandiera

Si tratta di una comunità che ha una propria identità e vanta una bandiera composta da 4 strisce orizzontali di colore nero, grigio, bianco e viola.

L’orientamento sessuale non è nulla di razionale e deciso a tavolino, è una caratteristica che si sente propria esattamente come lo scoprirsi eterosessuale, bisessuale o omosessuale.

Un’identità che si può nascondere o forzare ma che non cambia, non necessita di una cura e neanche ne esiste una in commercio.

Stiamo semplicemente parlando forse della comunità meno conosciuta fra quelle LGBT, che si conosce meno e quindi che risulta ancor più immersa in un alone di ambiguità e ignoranza. Di conseguenza mostra ancor più difficoltà ad essere legittimata socialmente ed è più spesso associata piuttosto ad una fase di passaggio.

L’identità sessuale ha mille sfaccettature e vanno tutte lette esclusivamente con rispetto ed empatia.

 

Dott.ssa Cristina Colantuono

Psicologa Psicoterapeuta

Specialista in sessuologia

 

Veronica Pacifici

Studente di Psicologia

La fine di un amore porta sempre con sè sentimenti di tristezza, rancore, disperazione: chi più a lungo, chi meno ma è un periodo molto delicato per tutti.

Si cerca lo svago ma il pensiero va sempre lì, ci si butta in mezzo agli amici ma poi con fastidio si cerca la solitudine.

 

E’ il nostro cuore che richiede la nostra massima attenzione.

Elaborare e comprendere cosa è successo ci aiuta ad affrontare una nuova storia con più consapevolezza oppure può spingerci a commettere errori e leggerezze.

Quando possiamo considerarci pronti ad affrontare un nuovo amore?

Come riconoscere se siamo realmente interessati all’altro oppure è solo paura di rimaner soli ?

Il consiglio più valido è quello di imparare a stare da soli così da avvicinarsi all’altro non per un bisogno ed una dipendenza ma perché stiamo bene da soli ma con lei di più, siamo quindi realmente convinti che possa offrirci qualcosa che ci farebbe star bene, quel “quid” che rende quella persona speciale proprio perché è lei….

Vi offro allora qualche spunto di riflessione, attraverso una mia intervista:

 

  • Dr.ssa Colantuono, alcune persone iniziano una nuova relazione pur soffrendo ancora o provando risentimento per una storia d’amore precedente. Quali sono i suoi consigli per coloro che provano questi sentimenti ma hanno intenzione di ricominciare ad amare?

Rispondo con una metafora: come si fa a gustare una bella bistecca se nel piatto ci sono ancora gli spaghetti col sugo?

E’ sicuramente fuori tema ma rende il mio punto di vista: se si è ancora impegnati nella rielaborazione del lutto della storia precedente con tutte le emozioni legate alla rabbia, al senso di colpa, al fallimento o al dolore per aver rinunciato ad una persona importante… come si può concentrarsi su tutte le bellissime emozioni di una nuova storia d’amore?

Trovare affinità con qualcuno, provare piacere nel frequentarlo, scoprirsi innamorati, emozionarsi nel ricevere un sms… sono tutte piccole monetine di un tesoro inestimabile.

E non avere il cuore libero e pronto per accoglierlo non fa onore nè al tesoro, nè a noi che non possiamo concentrarci sul bello che ci sta accadendo nè all’altro che potrà godere di una situazione a metà o peggio ancora pagare per colpe non sue.

Il mio consiglio per chi sta ancora soffrendo per una relazione finita è quello di elaborare il lutto fino in fondo, vivere il dolore, farsi domande e trovare risposte ed analizzare quali sono stati gli insegnamenti di questa storia seppur fallimentare.

Poi all’improvviso come dice la canzone “si sveglierà il tuo cuore in un giorno d’estate” e ci si riscoprirà di nuovo pronti ad aver fiducia nell’amore.

E questo è il momento migliore per iniziare una storia!

 

  • Iniziare una nuova storia con problemi irrisolti o per paura di rimanere soli riduce le possibilità di successo ma è anche ingiusto verso il nuovo partner. Quali sono i problemi più comuni che ostacolano una relazione seria e felice? E quali sono i problemi che si cerca di risolvere trovando un partner?

I problemi che possono ostacolare una relazione felice possono essere molteplici: la mancanza di comunicazione impedisce di conoscersi, di comprendere il punto di vista dell’altro in modo sincero (cioè con le sue stesse parole e non con i nostri “filtri” cognitivi), di chiarire equivoci, di confermarsi sentimenti importanti, di condividere aspetti quotidiani che uniscono, di porsi gli stessi obiettivi comuni. E una persona ferita per una storia precedente spesso preferisce non parlare per paura.

Altri problemi possono essere legati agli “strascichi” della storia passata che non sono mai stati elaborati e che spingono quindi a proiettare sull’altro colpe non sue, oppure a rivalersi sul partner per ottenere tutti i benefit persi, per un senso di giustizia o per rispondere alle aspettative della famiglia e della società.

Tutte “spinte” che fanno perdere di vista l’importanza dei sentimenti e della spontaneità a favore invece dello status sociale, delle tappe evolutive e del pregiudizio sociale. Una fretta che porta a scelte che a lungo andare purtroppo si riveleranno sbagliate, con tutte le gravi conseguenze che porteranno.

I problemi che si cerca quindi di risolvere trovando un partner sono legati esattamente a questo e la paura di rimaner soli, di non sposarsi, di non aver figli, di non riuscire ad andare a vivere da soli… porta ad accontentarsi!

 

  • Secondo lei è importante essere capaci di stare soli? Se sì, perché?

Secondo me è indispensabile prima imparare a star soli per poi star bene in coppia.

E questo significa non cercare un partner a tutti i costi, dopo la fine di una storia, invece di disperarci per la solitudine o di sentirci non degni dell’amore, proviamo inizialmente a concentrarci sui pregi di esser single, sulla maggior libertà che abbiamo di scegliere dal titolo del film al cinema fino agli impegni della domenica. Analizziamo poi la nostra vita in profondità, come ci piace passare il tempo, cosa ci fa rilassare. Impariamo a riconoscere le nostre emozioni, i nostri bisogni ed i nostri gusti.

Più ci conosciamo, più impariamo ad amarci e più sarà piacevole star da soli.

Questo però non vuol essere un inno alla solitudine!

Perché l’obiettivo è quello invece di arrivare a “bastarsi”. Solo in questo modo saremo pronti di accostarci agli altri non per bisogno ma per scelta.

 

  • Quando siamo finalmente pronti a rimetterci in gioco e cerchiamo un partner su un sito d’incontri online, cosa può aiutarci ad aumentare le probabilità di successo per iniziare una nuova relazione grazie all’aiuto di Internet (per esempio la compilazione onesta e dettagliata del proprio profilo, l’inserimento foto, ecc)?

Il segreto è quello di considerare internet come un ulteriore comodo strumento per fare nuove conoscenze e non come una maschera o come un pretesto.

Per riuscire quindi nell’intento di iniziare una nuova relazione è necessario porsi con sincerità, apertura mentale ed entusiasmo: come immagine profilo evitiamo quindi la star del cinema o la natura morta ma scegliamo la foto che più ci rappresenta, non necessariamente quella in cui si vedono meglio i pettorali o il seno ma quella in cui siamo convinti di esser venuti proprio bene!

Lasciamo quindi i toni da grandi “attori” nei teatri e approcciamo gli utenti in modo spontaneo, simpatico e leggero; puntiamo sulla conoscenza reciproca più che sulla data dell’appuntamento e cerchiamo di ragionare con empatia domandandoci: “come l’altro vorrebbe che io mi comportassi”?

Entrando in sintonia con l’altro, sarà tutto più semplice!

 

  • Vuole fornirci altri consigli da mettere in pratica per permetterci di iniziare una nuova relazione con serenità e successo?

Oltre a quanto già sottolineato, aggiungo che i rapporti di coppia sono solo una fetta della torta che rappresenta la nostra vita.

Non rischiamo di concentrarci troppo sull’amore a discapito di altri aspetti importanti come il nostro benessere psicofisico, le amicizie, la famiglia, il lavoro e scopriremo che, allentando un po’ le redini e decentrando lo sguardo su altro… l’amore arriverà così all’improvviso da sorprenderci!

E nel frattempo, ogni tanto, qualche piccolo aiutino alla Dea bendata, possiamo anche darlo!

Il tradimento è una delle esperienze più traumatiche che una coppia possa vivere, poiché distrugge tutte le certezze che prima facevano da collante nella relazione.

Permettere ad un “terzo” di entrare nella propria vita significa, infatti, tradire il concetto del “noi” simbolo principale dell’unione, far crollare la fiducia reciproca, annullare tutti progetti in comune e mettere in dubbio anche se stessi.

Nel preciso istante della scoperta del tradimento muoiono i sogni, le aspettative, gli obiettivi  e tutti i programmi che si era deciso di portare a termine insieme.

Muore il “noi” per lasciare spazio all’ “io”, con tutto il carico di confusione, smarrimento e paura, stati d’animo tipici della costruzione di una nuova immagine di sé.

Quindi perdonare un tradimento è difficile, molto difficile, poiché è paragonabile all’elaborazione di un lutto.

Molti ci riescono, quindi non è impossibile… ma in che modo?

 

Le 5 fasi per superare un tradimento

Nell’uomo, l’elaborazione di un lutto avviene attraverso il superamento di fasi ben precise, collegate tra loro. La risoluzione di una fase permette il passaggio alla successiva e così via fino a che l’ultima sancisce l’elaborazione completa dell’evento traumatico.

A tal proposito, la Kubler-Ross distingue 5 fasi che, se superate con successo, portano a raggiungere l’obiettivo più importante dell’accettazione della perdita.

Se il tradimento è come un lutto, allora la sua elaborazione e la successiva scelta di perdonare possono essere lette alla luce delle considerazioni di questa autrice:

 

  • Negazione: La prima, e soprattutto più naturale reazione, è quella di negare l’accaduto; “Non può essere successo” o “Non è realmente accaduto” sono le classiche frasi che balenano nella nostra mente, pur di non prendere coraggio e affrontare un problema che non vogliamo vedere;

  • Rabbia: questa fase insorge quando falliscono tutti i tentativi di trovare proprie responsabilità e si scarica tutta la frustrazione e la delusione sul partner. “mi hai ingannata, non sei la persona che credevo tu fossi”, oppure “è tutta colpa tua se è successo, io ti ho dato tutto”. L’emozione prevalente è la rabbia verso il partner, poiché se c’è stato il tradimento, la colpa è unicamente la sua;

  • Negoziazione: il tradimento ora non è più negato. Semplicemente… non è accettato e sostituito dalla speranza di poter tornare indietro nel tempo ed evitarlo, di scendere a patti, di reagire al senso di impotenza trovando motivi e giustificazioni che spieghino l’accaduto. Questa è la fase dell’introspezione, della riflessione, del pensiero fisso alla ricostruzione dell’evento;

  • Depressione: in questo stadio il pensiero fisso è “tutto è inutile”, la rabbia, la frustrazione, l’ossessione, i sensi di colpa all’improvviso svaniscono. Si perdono le forze di agire e di reagire. Non si cercano più i colpevoli; niente può risanare questo grande dolore. “Non riuscirò mai a perdonarlo” o “Non mi riprenderò mai”. Sono sintomi tipici di un’accettazione passiva poiché “nulla potrà farmi tornare il sorriso”;

  • Accettazione: L’accettazione vera e propria nasce dalla definitiva presa di coscienza di quanto accaduto: si può andare avanti, indietro non si torna, non ci sono né vinti né vincitori ma solo due persone che ad un certo punto della loro storia si sono perse. Il tradimento ha portato dolore e frustrazione, adesso però lo si può utilizzare per imparare dai propri errori e quindi si può superarlo.

 

E allora credeteci, la risposta è SI, si può perdonare un tradimento.

 psicosintesioggi.it

 

Se vuoi perdonare, ricomincia ad amare!

Può sembrare solo una rima senza senso ma ricominciare ad amare è il punto di partenza verso una (ri)costruzione del rapporto. È necessario agire con amore nei confronti del partner che ci ha traditi, aprire il cuore al sentimento che proviamo per lui e credere alla sua forza.

Non è mai troppo tardi per salvare un amore, quello vero!

E allora rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di:

  • Ascoltare con attenzione e capire i bisogni più profondi dell’altro;

  • dedicare tempo alla coppia, il giusto tempo solo per voi due, nel corso del quale tutto il resto diventa sfondo;

  • non rinfacciare e non rimuginare sul passato; se sei pronta a perdonare significa che puoi andare oltre e guardare avanti. Il passato non dovrà più incidere sulla vostra relazione presente.

 

Ricorda sempre che tutto parte da te, sei tu che scegli di impegnarti ed intraprendere questo percorso, tortuoso o rettilineo che sia. Quando riesci a perdonare un tradimento vuol dire che hai scelto il percorso più giusto per te e per voi e, comunque vada, potrai sempre essere fiera di te stessa.

 

Non riesco a perdonare: che fare?

Se alla fine di questo periodo di riflessione non senti di avere le capacità per perdonare, probabilmente hai già deciso: chiudi la relazione.

Se non riesci a stare tranquilla quando sai che è in compagnia o se dargli fiducia ti costa uno sforzo emotivo enorme, allora stai mostrando i sintomi di un rapporto diventato disfunzionale.

Ed a questo punto:

  • Meglio lasciarlo subito piuttosto di rimandare a data da destinarsi ed accrescere in te il risentimento nei suoi confronti;

  • sentiti comunque soddisfatta di te stessa: ci hai provato e ciò richiede un atto di coraggio e sincerità non accessibile a tutti.

 

Allora prenditi del tempo per te stessa, per i tuoi bisogni e per le tue necessità.

Non è impossibile trovare di nuovo un partner che ci faccia battere il cuore!

 

Dott.ssa Cristina Colantuono

Psicologa Psicoterapeuta

Specialista in sessuologia

 

Veronica Pacifici

Studente di Psicologia

Lui ha sempre ragione, tu hai sempre torto. Lui sceglie i posti migliori, tu pecchi di inventiva. Lui si veste in maniera impeccabile, tu non segui le ultime tendenze.

Se questa è la situazione che vivi in coppia, probabilmente il tuo lui è un uomo narcisista ed il suo principale passatempo è far leva sulla tua autostima, portandola all’annientamento.

Ma vediamo insieme più nel dettaglio!

 

 

Chi è l’uomo narcisista?

Quando l’hai conosciuto, e forse anche ora, ti sembrava che soddisfacesse tutti i requisiti tipici del “principe azzurro”: bello, seducente, gentile e premuroso.

Nella primissima fase di innamoramento magari si è anche preoccupato del tuo benessere, ha soddisfatto tutti i tuoi bisogni e si è mostrato innamoratissimo. Tutto ciò, però, rappresenta una bellissima illusione perché è solo riuscito a manipolare i tuoi sentimenti e farti cadere ai suoi piedi.

L’uomo narcisista è principalmente un manipolatore, pecca di empatia, è egoista ed egocentrico. Può farti del male senza avere il minimo rimorso perché non si lascia trasportare dall’emotività, anzi, spesso considera gli altri come meri oggetti.

La sua attenzione è incentrata solo sul sé, non è in grado di considerare punti di vista che non siano il proprio, nel suo mondo idealizzato c’è solo lui e tutti devono considerarlo ed elogiare le sue lodevoli capacità.

Il narcisista mente, di continuo. Non lo fa però solo con gli altri ma anche con sé stesso ed ha bisogno di mentire perché ciò aumenta quotidianamente la sua autostima. Se non lo facesse, crollerebbe tutto il suo mondo idealizzato.

 

Come riconoscere un partner narcisista?

Paradossalmente, il primo campanello d’allarme che ci fa capire di avere accanto un uomo narcisista è la sua gentilezza smisurata, accompagnata da estrema premura.

Cioè quello che desiderano tutte le donne e che quindi riesce bene a manipolarle e contemporaneamente permette al narcisista di affermare la sua supremazia.

Il narcisista, però, non si ferma qui, di fatto presenta altri numerosi segnali:

 

1) Porta rancore: Se deludi le sue aspettative, se non lo elogi abbastanza, il narcisista metterà subito in atto un meccanismo di rifiuto e rancore verso il proprio partner. Questo perchè, pur sentendosi magnifico, la sua autostima è in realtà bassa e di conseguenza, qualsiasi parola non detta al momento giusto può essere per lui fonte di disagio.

 

2) Tradisce: I narcisisti sono più propensi a tradire, non con una, come è più frequente, ma con più donne. Preferisce avere più flirt perché sente il bisogno di continue esperienze che confermino il suo essere “bello”, “unico”. Vive un continuo bisogno di corteggiare e conquistare per alimentare il suo ego.

 

3) Ammirazione: Egli non ammira, deve essere ammirato e lo pretende sia indirettamente che direttamente: contraccambia un favore o risponde ad un obbligo morale per essere lodato, non per prosocialità. Si aspetta di essere ammirato continuamente per ciò che è e per ciò che fa.

 

4) Denigra il partner: Il narcisista non rispetta chi ha accanto, anzi coglie le minime occasioni per denigrare il partner, metterlo in cattiva luce, criticarlo e di conseguenza far spiccare le sue lodevoli doti.

 

5) Non si scusa: Non ha la benché minima propensione a scusarsi per un suo errore. Nel suo mondo perfetto ed idealizzato non esistono sconfitte, non esistono imperfezioni. Egli è sempre vincente e non sbaglia mai, invece sono gli altri che sbagliano, perché non lo comprendono.

igorvitale.org

 

Come allontanarsi da un uomo narcisista?

Non sperate di cambiarlo, il narcisista ama il suo mondo e non lo cambierebbe per nessuno. Al contrario, siete voi a dover cambiare per lui quindi siate sincere, armatevi di amor proprio e pensate al vostro benessere.

Purtroppo è sempre complicato lasciare una persona di cui si è innamorati, specialmente se questi è un narcisista. Egli infatti tende maggiormente a conquistare donne dal carattere debole, facili da manipolare.

Ma non è impossibile, anzi, tante donne ci sono riuscite e poi sono rinate!

L’unico modo per liberarsi definitivamente di un narcisista è prendere le distanze (fisiche!), interrompere qualsiasi contatto, chiudere ogni tipo di rapporto (sia visivo che telefonico), evitando di dare troppe spiegazioni sulle proprie motivazioni.

Proteggetevi smettendo di credere alle sue parole e fidandovi del vostro istinto. Lui poi magari farà leva sul suo “vittimismo”, inventando scuse e giustificazioni per addossare a voi la colpa… ma la verità la conoscete bene e questo è l’importante.

Chiedete aiuto ad amici e familiari: confidatevi, raccontate quello che state vivendo, chiedete conforto, fatevi coinvolgere in serate fuori, hobby nuovi o comunque in attività che vi tengono impegnate su altro.

La consapevolezza di non essere felici e di avere accanto un uomo che non può soddisfare i vostri bisogni, vi darà la spinta giusta per prendere una decisione definitiva.

Non sarà semplice, alla fine del rapporto vi sentirete annientate psicologicamente e fisicamente ma questo vi servirà per toccare il fondo e rialzarvi più forti di prima.

Vi meritate una storia più sana ed un uomo che vi ami e vi rispetti!

 

 

Dott.ssa Cristina Colantuono

Psicologa Psicoterapeuta

Specialista in sessuologia

 

Veronica Pacifici

Studente di Psicologia

La fine di un amore porta sempre con sè sentimenti di tristezza, rancore, disperazione, chi più, chi meno ma è un periodo delicato.

Si cerca lo svago ma il pensiero va sempre lì, ci si butta in mezzo agli amici ma poi con fastidio si cerca la solitudine.

E’ il nostro cuore che richiede la nostra massima attenzione.

Elaborare e comprendere cosa è successo ci aiuta ad affrontare una nuova storia con più consapevolezza oppure può spingerci a commettere errori e leggerezze.

Quando possiamo considerarci pronti ad affrontare un nuovo amore?

Come riconoscere se siamo realmente interessati all’altro oppure è solo paura della solitudine ?

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Il consiglio più valido è quello di imparare a stare da soli così da avvicinarsi all’altro non per un bisogno ed una dipendenza ma perché

stiamo bene da soli ma con lei di più,

siamo quindi realmente convinti che possa offrirci qualcosa che ci farebbe star bene, quel “quid” che rende quella persona speciale proprio perché è lei….

Vi offro allora qualche spunto di riflessione, per affrontare una nuovo amore con serenità e per fare in modo che le probabilità che funzioni siano più alte.

 

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Il diventare genitori è un passo importante, una trasformazione che avviene nella coppia ancor prima della nascita del bambino: i due partner, insieme e consapevolmente, decidono di voler prendersi cura di una nuova vita e di assumersi il ruolo di figure significative e di riferimento per un minore che dipenderà in tutto da loro.

Si tratta perciò di un significativo stravolgimento della struttura e delle dinamiche relazionali frutto di un lungo processo di riassestamento, in cui verrà alterato inevitabilmente l’equilibrio raggiunto nella diade di coppia.

In questo momento di elaborazione sarà necessario:

– re-distribuire le energie;

– rivisitare ruoli, mansioni e priorità;

– interrogarsi sulle relazioni affettive interpersonali e familiari;

– riorganizzare gli spazi in casa che, come si suole dire, dovranno essere “a prova di bambino”;

– definire uno stile genitoriale condiviso che fornirà, a livello educativo, importanti indicazioni per una crescita equilibrata e sana del nascituro.

 

Essere genitori significa rivestire quindi un ruolo nuovo ma senza manuali d’istruzioni!

Con un po’ di impegno ed attenzione però è possibile allenarsi sul miglior modo di affrontare questa grande novità.

 

Come prepararsi a diventare genitori ?

È fondamentale che la nascita del bambino sia preceduta da una riflessione strettamente legata al passaggio da coppia a famiglia: non si parlerà più soltanto del ruolo di partner ma anche di madre, padre e figlio. Si allargano i confini del “Noi” come coppia e si include un terzo elemento.

Ecco allora alcuni spunti di riflessione.

 

  1. DOMANDARSI PERCHE’ SI VUOLE AVERE UN FIGLIO

Spesso si è spinti alla decisione di divenire genitori per motivazioni sbagliate come ad esempio: colmare un vuoto affettivo, rafforzare un rapporto in crisi, proiettare sul nascituro propri desideri e bisogni infantili mai appagati, non sentirsi diversi dagli amici già con figli…

Queste motivazioni potrebbero poi creare problematiche che si ripercuotono sullo sviluppo psicologico del bambino. E’ quindi necessario analizzare in profondità i motivi alla base della scelta di procreare e riflettere sui propri bisogni ed esigenze, elaborarli e trasformarli in un progetto di coppia sano e maturo.

 

  1. ANALIZZARE LA STABILITA’ DI COPPIA

La relazione di coppia determina la riuscita o il fallimento del riassestamento successivo all’arrivo del bebè: un buon rapporto di coppia permetterà di assicurare al minore un clima positivo, valido e sereno oltre che un modello ottimale di coppia.

Una stabilità pre-esistente tenderà quindi poi a mantenersi e rinforzarsi, al contrario una relazione debole e superficiale diventerà instabile e disorganizzata, animata da litigi, discussioni e altre difficoltà che produrranno un ambiente poco sano oltre a divenire l’anticamera di una separazione che priverà un figlio della presenza stabile di un genitore.

 

  1. DEFINIRE I RUOLI DI ENTRAMBI

In tutte le squadre che si rispettino, per individuare un obiettivo e raggiungerlo, è necessario definire ruoli e competenze: è così per un team velico che partecipa ad una regata, per il pilota ed il co-pilota di una vettura rally, per un team di medici durante un’operazione chirurgica… ed è così anche per una coppia che sceglie la bellissima avventura di diventare genitori.

Condividere il proprio concetto di genitorialità, regole, educazione, divieti e permessi, premi e punizioni permette di discuterne, di allinearsi su uno stile comune, di elaborare compromessi o di smussare le rigidità più evidenti.

Questo si potrebbe definire un buon manuale di istruzioni su misura, un’indicazione di massima da seguire che aiuterà entrambi i genitori ad arrivare preparati e in sintonia al momento di mettere in pratica i buoni propositi.

 

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Cos’è il “parenting” ?

Ahimè si può esser coppia a tempo determinato… ma si è genitori per sempre!

Parliamo quindi di una notevole responsabilità che è stata a lungo analizzata e approfondita dalla comunità psicologica ed i cui frutti sono visibili nel concetto di “parenting”: il processo psichico che trasforma due genitori biologici in genitori psicologici. Lo spazio mentale all’interno del quale c’è l’idea di un figlio e l’immagine di sè come madre e padre, uno spazio esclusivo che ha come fondamenta anche l’immagine dei propri genitori in quanto tali, del rapporto con loro e di sè in quanto figli.

La genitorialità non è quindi legata solo alla procreazione in senso lato o alle pratiche educative più comuni ma ad un complesso processo di riorganizzazione del sè più profondo e della coppia che inevitabilmente modifica il mondo personale e sentimentale.

Sono abilità che si apprendono col tempo e che si basano su innumerevoli cognizioni riguardo ai concetti di sviluppo ed educazione che è bene rendere consapevoli attraverso la comunicazione col partner.

Secondo Maccoby e Martin (1983), tale processo deve essere condotto tenendo presenti tre aspetti fondamentali:

  • La cura: il saper rispondere in maniera supportiva alle richieste del bambino;
  • La disciplina: il definire una serie di regole e limiti e responsabilizzare il bambino nell’osservazione di queste;
  • Il rispetto: la capacità di fornire al bambino la libertà di pensiero e di espressione.

 

benessere.pazienti.it

L’analisi della concezione e dell’utilizzo di questi tre aspetti permette di individuare le 4 tipologie genitoriali:

  • Positivo (cura, disciplina e rispetto dei figli sono le caratteristiche di questo stile)
  • Permissivo (cura e rispetto dei figli ma assenza di disciplina)
  • Dominante (disciplina ma assenza di cura e rispetto dei figli)
  • Distaccato (assenza di cura, disciplina e rispetto)

 

Lo stile che ogni genitore dovrebbe adottare per una crescita sana ed equilibrata del proprio bambino e per contribuire in modo vantaggioso all’armonia familiare è lo stile Positivo: i partner forniscono al bambino cure e accudimento necessari al suo sviluppo ma, allo stesso tempo, lo educano attraverso l’imposizione di regole e limiti e gli concedono la giusta autonomia per esplorare l’ambiente, esplorarsi e creare la sua identità.

E considerato che la “famiglia del Mulino Bianco” non esiste, è bene anche sottolineare che la sicurezza emotiva e la stabilità nei rapporti con i genitori costituiranno per lui degli ottimi strumenti anche in caso di conflitto coniugale: la risposta dei più piccoli si basa infatti sulla qualità delle relazioni con gli adulti significativi.

Secondo le ricerche di Davies e Co. (2003) un bambino maggiormente insicuro della relazione con i suoi genitori percepirà il conflitto come più “pericoloso” e “spaventoso” rispetto ad un bambino che invece è sicuro e fiducioso della loro disponibilità e che quindi saprà meglio fronteggiare discussioni e litigi.

Vale quindi la pena impegnarsi come genitori considerato l’influenza che si avrà sui figli, non siete d’accordo ?

 

Ho scritto questo articolo in collaborazione con la Dott.ssa Flaminia Pagnotta

 

 

Per approfondire

Davies P.T. et Al., “Child emotional security and interparental conflict”, Blackwell Pub, 2003.

MacCoby E., Martin J., The role of psychological research in the formation of policies affecting children in “Annual Progress in Child Psychiatry & Child Development”, 457-465, 1983.

La relazione che intercorre in una coppia implica rapporti in cui è fondamentale la confidenza, l’intimità emotiva ed il coinvolgimento.

Ogni comportamento che sia un’azione, una parola o il silenzio comunica un messaggio sia consciamente che inconsciamente, sia a livello verbale che non verbale, perché come diceva Watzlawickè impossibile non comunicare”.

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Questo messaggio suscita nell’altro una reazione, per cui è necessario concepire la comunicazione come un processo circolare che parte da un soggetto, arriva al ricevente e torna poi al soggetto di partenza con un messaggio di ritorno, comunemente chiamato feedback.

Non si comunica solo a parole ma attraverso il linguaggio non verbale e paraverbale.

Albert Mehrabian, psicologo statunitense, condusse delle ricerche sull’importanza e la responsabilità che diversi aspetti della comunicazione hanno nel far recepire un determinato messaggio e constatò che la comunicazione non verbale ha un’influenza del 55%, la comunicazione paraverbale (tono, volume, ritmo della voce, ecc.) ha un’influenza del 38% ed infine la comunicazione verbale solo del 7%.

diagramma CV

Più nello specifico, la comunicazione verbale è tutta la parte linguistica esplicitata dalle parole che ci si scambia in un dialogo con una o più persone.

La comunicazione non verbale è quella parte invece che comprende tutti gli elementi legati al linguaggio del corpo: l’espressione del viso, i gesti, la postura, la vicinanza o la lontananza corporea, il comportamento nello spazio….

Il paraverbale si riferisce non al “cosa” si dice ma al come si dice e quindi considera il tono, il volume, il timbro, il ritmo della voce.

Nella comunicazione con l’altro, è necessario quindi esser coscienti di tutte le informazioni che si inviano, soprattutto se intercorrono anche rapporti intimi come quelli di coppia.

In amore, infatti, saper comunicare assume una valenza cruciale per un rapporto duraturo, sincero, solido e soprattutto “di incontro” con l’altro.

Qual è il segreto per comunicare in modo corretto con il proprio partner ?

Gli scambi comunicativi tra due partner, col tempo, tendono a ridursi ed a stabilizzarsi su copioni spesso fallimentari: il ripetersi di dialoghi disfunzionali può portare a svalutazione, colpevolizzazione e disorientamento: terreno fertile per una crisi o addirittura una rottura.

In una relazione c’è spesso un “one-up” ovvero chi ha una posizione di dominanza ed un “one-down” cioè chi ha una posizione inferiore, di sottomissione.

I protagonisti di uno scambio comunicativo possono essere legati da relazioni diverse:

  • una relazione simmetrica quando i due soggetti si comportano allo stesso modo e la vincita di uno equivale alla vincita dell’altro;
  • una relazione complementare quando alla vincita di uno corrisponderà la perdita dell’altro.

L’obiettivo per una comunicazione efficace è che si istauri una relazione simmetrica. E come riuscirci ?

Le 4 regole d’oro

Per prima cosa è necessario creare un dialogo di successo, facendo in modo che non manchino mai questi 4 presupposti:

1. domandare piuttosto che affermare: l’affermazione chiude la possibilità all’altro di aggiungere elementi, con una domanda invece si concede un’alternativa di risposta ed è più facile quindi giungere ad un accordo condiviso;

AFFERMARE: “Con il tuo atteggiamento volevi flirtare con quell’uomo”

DOMANDARE: “Perché ti sei comportata così davanti a quell’uomo?”

2. verificare piuttosto che sentenziare: verificare che l’informazione ricevuta sia stata compresa nel modo corretto implica il parafrasare la frase per chiederne conferma, in questo modo non si sentenzia rigidamente un significato ma si accetta un ragionevole dubbio;

SENTENZIARE “con questo tono vuoi proprio farmi arrabbiare!”

VERIFICARE “usi questo tono per scatenare in me una determinata reazione? quale?”

3) evocare piuttosto che spiegare: l’evocare implica la capacità di prendere in considerazione sentimenti ed emozioni dell’altro come il più efficace strumento persuasivo: l’emozione precede la cognizione. Come afferma San Tommaso d’Aquino: “Non c’è cosa nell’intelletto che prima non passi per i sensi”;

SPIEGARE: “è sbagliato coinvolgere tua madre nella scelta delle vacanze dei nipoti”

EVOCARE: “l’ultima volta sei rimasto molto deluso ed amareggiato quando tua madre ha criticato la scelta di mandare i bambini in Inghilterra”

4) agire piuttosto che pensare: cioè attivare un cambiamento reale anziché limitarsi solo all’idealizzazione di un pensiero.

PENSARE: “Avremmo bisogno di un weekend tutto per noi”

AGIRE: “Ho prenotato un weekend solo per noi” Quali sono invece gli elementi che rovinano la comunicazione ?

Spesso, in una discussione, si è responsabili di alcuni meccanismi disfunzionali senza neanche accorgersene: il modo in cui si reagisce ad un affronto o la scelta delle frasi da usare con il proprio partner sono frutto di una storia fatta di conferme, di abitudini, di pregiudizi, di ferite mai rimarginate…

Questo bagaglio contraddistingue il nostro modo di porci e spesso alimenta i litigi come benzina sul fuoco.

d.repubblica.it

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E’ necessario inoltre, con lucidità e razionalità, analizzare se nei nostri scambi comunicativi sono presenti i seguenti elementi e correggerli.

  • puntualizzare: è l’atteggiamento di chi detta legge, di chi impone regole, condizioni o situazioni particolari all’interno della coppia, tipico di chi assume il ruolo di “maestro” al cospetto di un “allievo” da formare. Un modo di fare che spinge l’altro ad assumere la difensiva e quindi a ribellarsi o a infrangere regole non condivise;
  • recriminare: accusare l’altro puntualizzando colpe, ricordando errori passati, sottolineando difetti crea un ambiente impregnato di giudizio e condanna e spinge il partner, che si sente accusato, a difendersi e ribellarsi;
  • rinfacciare: questo è l’atteggiamento da vittima di chi si pone sempre come offeso, maltrattato e inferiore verso invece un partner che è indicato come l’unico colpevole di tutto. E’ chiaro che poi ci si indispone e si tende a peggiorare la situazione;
  • predicare: e qui siamo al cospetto di sermoni pesantissimi… cioè un partner che critica e giudica per insegnare cosa è più giusto e moralmente accettabile. Le frasi più comuni sono “te l’avevo detto!”, “lo faccio solo per te”, oppure “lascia… ci penso io”, tutte prediche non richieste che spingono solo a reagire con atteggiamenti esattamente contrari;
  • biasimare: disapprovare, criticare o rimproverare l’atteggiamento dell’altro richiedendo comportamenti diversi e comunque migliori. A lungo andare questo è come la goccia cinese e lentamente logora la stima, il rispetto e la benevolenza dell’altro.

Concludendo, due sono le condizioni necessarie affinché queste tecniche di dialogo portino al successo: l’empatia ossia la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo altrui mettendosi nei suoi panni e l’accettazione incondizionata dell’altro quindi dar per scontato il rispetto reciproco.

Sebbene spesso non sia semplice in coppia, proprio per i sentimenti e le emozioni che legano entrambi, è importante che l’impegno per comunicare nel modo più corretto sia da entrambe le parti: è responsabilità condivisa il mettere in atto atteggiamenti (verbali e non) costruttivi, equilibrati, onesti, cooperativi, precisi e utili.

Il segreto è abbandonare i preconcetti e avvicinarsi all’altro tanto da divenire un’unica cosa: il dialogo passa quindi dall’ “IO” e dal “TU” al “NOI”.

Se avete dubbi, domande o volete migliorare la comunicazione con il vostro partner, non esitate a contattarmi per fissare un appuntamento.

PER APPROFONDIRE

Nardone G. (2008), “Correggimi se sbaglio”, Ponte alle Grazie

Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson D.D. (1967), “Pragmatica della comunicazione umana”, Astrolabio

Mehrabian A. (1981), “Silent Messages: Implicit Communication of Emotions and Attitudes”, Wadsworth Pub Co

Un ringraziamento speciale alla Dr. Flaminia Pagnotta per la collaborazione nella stesura